Dazi USA e contromosse asiatiche ridefiniscono il commercio globale
- Filippo Sala
- 16 apr
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Gli US spingono la Cina attraverso negoziati tariffari, ma Corea del Sud, Vietnam e Hong Kong rispondono con alleanze regionali e gesti di sfida
L’amministrazione Trump ha lanciato una guerra commerciale senza precedenti, imponendo dazi fino al 125% sulla Cina e tariffe variabili per oltre 70 paesi, con l’obiettivo di isolare l’economia cinese e rimodellare le catene di approvvigionamento globali.
Sotto la guida del Segretario al Tesoro Scott Bessent, gli Stati Uniti stanno usando i negoziati tariffari per spingere i partner commerciali a limitare i rapporti con Pechino, offrendo riduzioni delle barriere in cambio di misure come il divieto di transito di merci cinesi, il blocco delle aziende cinesi che eludono i dazi e l’esclusione di beni cinesi a basso costo.
L’obiettivo è chiaro: indebolire la Cina e ridurne il potere negoziale in vista di possibili colloqui tra Trump e Xi Jinping.
Bessent ha individuato Giappone, Corea del Sud, Australia, Regno Unito e India come partner prioritari per accordi rapidi, mentre Trump sottolinea la dipendenza di Pechino dal consumatore americano, dichiarando che “la palla è nel campo della Cina”. Secondo Peter Harrell, ex direttore del Consiglio per la sicurezza nazionale, la Cina fatica a contrastare questa pressione, limitata dalla sua crescente autosufficienza e dalla riduzione delle importazioni globali.
L’Asia, tuttavia, non resta a guardare. La Corea del Sud, colpita da dazi al 25% che minacciano la sua industria automobilistica, e il Vietnam, gravato dal 46% e a rischio di perdere il ruolo di hub manifatturiero, stanno rafforzando i legami commerciali bilaterali e promuovendo alleanze regionali. Il recente vertice trilaterale con il Giappone, il primo dal 2019, ha sancito un’opposizione condivisa al protezionismo USA, puntando a diversificare i mercati e consolidare supply chain intra-asiatiche. Hong Kong, in un gesto di sfida, ha sospeso tutte le spedizioni postali verso gli Stati Uniti, protestando contro il “bullismo commerciale” di Washington, mentre il governatore John Lee spinge per una maggiore integrazione con la Cina continentale e nuovi accordi di libero scambio. Nel frattempo, Xi Jinping, in visita in Vietnam, ha firmato accordi economici per rafforzare l’influenza cinese, sfruttando le difficoltà dei partner commerciali USA.
I dazi stanno accelerando la frammentazione delle catene globali, con le imprese che si orientano verso nearshoring e regionalizzazione. In Asia, Vietnam e Corea del Sud cercano di attrarre produzioni, ma la capacità di assorbire nuovi investimenti è limitata. L’incertezza, alimentata da mosse come la pausa di 90 giorni sui dazi reciproci (esclusa la Cina), e i rincari previsti fino al 30% per i consumatori americani, minacciano la stabilità economica globale.
Mentre l’Asia risponde con resilienza, puntando su cooperazione regionale, il rischio di una spirale protezionistica cresce, con conseguenze che potrebbero ridefinire gli equilibri geopolitici. Il commercio mondiale è a un crocevia: gli Stati Uniti premono per un ordine a loro favore, ma l’Asia sta dimostrando di voler riscrivere le regole del gioco.
Fonti: Wired Italia, Il Sole 24 Ore, Agenda Digitale, La Stampa, Corriere della Sera, Wall Street Journal