PPI in Calo a -0,1%: Disinflazione in Vista per il CPI e Prospettive di Taglio Tassi Fed
- Filippo Sala

- 10 set
- Tempo di lettura: 2 min
Il rilascio odierno del Producer Price Index (PPI) per agosto 2025 da parte del Bureau of Labor Statistics (BLS) ha sorpreso i mercati con un calo mensile dello 0,1%, contro le attese di un +0,3% e un precedente +0,7% (rivisto al ribasso).
Su base annua, l'indice si è attestato al 2,6%, in calo dal 3,1% rivisto di luglio e sotto le previsioni del 3,3%. Questo rappresenta il primo declino dal mese di aprile e segna un punto di svolta nella dinamica inflazionistica, con implicazioni che si estendono al Consumer Price Index (CPI) atteso domani e alle decisioni della Federal Reserve (Fed).
Per comprendere il significato di questo dato, è essenziale scomporlo nei suoi componenti principali. Il PPI misura le variazioni medie dei prezzi di vendita ricevuti dai produttori domestici per i loro output, fungendo da indicatore leading per l'inflazione al consumo. Un calo indica che le pressioni sui costi si stanno attenuando a livello wholesale, potenzialmente traducendosi in prezzi più bassi per i consumatori nei mesi successivi. Tuttavia, non è un segnale univoco di deflazione: il core PPI (esclusi cibo, energia e trade services) è aumentato dello 0,3% mensile e del 2,8% annuo, il più alto incremento annuale da marzo 2025. Questo suggerisce che, mentre i beni volatili come l'energia (-0,4%) e alcuni alimenti (es. verdure fresche in calo) hanno contribuito al declino, i servizi rimangono un'area di persistente inflazione "sticky".
Prospettive CPI di giovedì 11 settembre
In vista del CPI di domani, il PPI offre indizi preziosi. Circa l'80% dei componenti PPI si riversa nel CPI e nel Personal Consumption Expenditures (PCE), l'indice preferito dalla Fed.
Un PPI debole suggerisce che il CPI potrebbe registrare un +0,3% mensile atteso, ma con rischi al ribasso, potenzialmente portando l'annuale al 2,9% dal 2,7% di luglio. Analisti notano che un CPI mite rafforzerebbe la disinflazione, ma un rimbalzo nei beni core (+0,25% possibile) potrebbe complicare il quadro.
Federal Reserve
Riguardo alla reazione della Fed, il dato PPI rafforza il consensus per un taglio dei tassi alla riunione FOMC del 17-18 settembre 2025. Mercati prezzano una probabilità dell'88% per un -25 basis points, con un gruppo emergente che scommette su -50 bps se il CPI confermasse debolezza. Il contesto include un mercato del lavoro in rallentamento (dati jobs deboli) e critiche politiche, come quelle di Donald Trump che ha definito il chair Powell "in ritardo" e chiesto un "grande" taglio immediato.
In un'analisi più ampia, questo PPI si inserisce in un trend di moderazione inflazionistica post-pandemia, ma con controversie: mentre fonti come Bloomberg evidenziano volatilità nei margini trade (peggiore dal 2009), altri avvertono di rischi da tariffe trumpiane o shock energetici. Per investitori, implica opportunità in settori growth (tech, crypto), ma richiede monitoraggio del CPI per conferme.
La Fed, bilanciando crescita e inflazione, potrebbe optare per tagli graduali (25 bps per meeting), con probabilità del 50-50 per settembre secondo Morgan Stanley. In sintesi, il dato odierno dipinge un'economia in equilibrio precario, con disinflazione che offre spazio per policy accomodanti, ma senza eliminare rischi di rebound.














