Petrolio in surplus: il mercato scommette ancora al ribasso
- Filippo Sala

- 6 giorni fa
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Negli ultimi mesi il greggio ha mostrato un marcato indebolimento. Dopo aver superato gli 80 dollari al barile a inizio 2025, i prezzi sono scesi stabilizzandosi fra $60 e $70. A metà ottobre 2025 il Brent si attestava attorno ai $61 e il WTI a circa $57-58 al barile. Le curve future sono ora in contango (i contratti futuri più cari del prezzo spot), segnalando aspettative di eccesso di offerta, e i fondi speculativi mantengono posizioni nette corte sul petrolio.
Negli USA la produzione di petrolio ha raggiunto livelli record: a luglio 2025 ha superato i 13,6 milioni di barili al giorno.L’EIA prevede che la produzione statunitense rimarrà elevata (circa 13,5 mb/g sia nel 2025 sia nel 2026), alimentando l’offerta globale. Il surplus atteso nelle scorte globali dovrebbe mettere ulteriore pressione al ribasso sui prezzi infatti l’ultimo Outlook EIA prevede un Brent medio di soli $62 nel Q4 2025 e $52 nel 2026.Anche l’OPEC+ sta gradualmente rialzando le quote di produzione per accrescere la propria quota di mercato. Dal piano di tagli primaverile 2025 l’alleanza ha infatti portato gli aumenti complessivi delle quote a oltre 2,5 milioni di barili al giorno (2,7 mb/d secondo un’altra stima), invertendo così la strategia restrittiva e contribuendo all’eccesso di offerta.

Domanda globale
La domanda mondiale di petrolio cresce solo moderatamente.L’IEA stima che nel 3° trimestre 2025 il consumo sia salito di circa 750 mila barili al giorno rispetto a un anno prima, ma prevede per il 2025 un incremento annuo di soli ~700 kb/g, ben al di sotto della media storica. Secondo l’OPEC, la domanda totale aumenterà di circa 1,3 mb/g nel 2025, trainata quasi interamente dai paesi non-OECD; nei paesi sviluppati l’aumento è marginale (+0,1 mb/d).La Cina, per anni motore della crescita dei consumi, mostra oggi un forte rallentamento: il suo uso di petrolio è ai livelli pre-covid e la crescita globale ne risente, contribuendo al calo dei prezzi nel 2024-25. Inoltre, l’incertezza economica e i tassi di interesse ancora relativamente alti stanno contenendo la domanda di energia. Complessivamente, l’attuale quadro macroeconomico sostiene una domanda che rimane debole, alimentando il timore di un eccesso di offerta.
Politica monetaria e valute
Le politiche monetarie internazionali influenzano indirettamente il petrolio.
Il Fondo Monetario Internazionale stima la crescita globale al 3,0% nel 2025, ma riconosce elevati rischi al ribasso dovuti a tensioni commerciali e geopolitiche. Negli USA la Federal Reserve ha già iniziato a tagliare i tassi e sono attesi ulteriori tagli entro fine anno. Tassi più bassi possono sostenere la crescita economica e quindi la domanda di petrolio nel medio termine, ma riflettono anche una crescita moderata che difficilmente innescherà un boom nei consumi. Sul breve termine il calo dei tassi tende a indebolire il dollaro, cosa che rende il petrolio più conveniente per gli acquirenti in valuta diversa; tuttavia l’effetto prevalente resta la più lenta crescita economica globale.
Sul fronte geopolitico permangono tensioni che condizionano i flussi petroliferi. Gli attacchi con droni ucraini alle infrastrutture russe hanno interrotto temporaneamente parte del trasporto e raffinazione in Russia, mentre le pressioni internazionali spingono paesi come l’India a ridurre gli acquisti di petrolio russo. Malgrado ciò, l’abbondanza di offerta globale ha finora mantenuto i prezzi sotto i $65 (Brent), e il mercato teme piuttosto un eccesso di stock nei mesi a venire. Anche la guerra commerciale USA-Cina contribuisce all’incertezza sulla domanda futura: l’introduzione reciproca di tariffe sui trasporti marittimi potrebbe ridurre il commercio globale e il PIL delle due potenze del 7% nel tempo. Dall’altra parte, alcune iniziative statunitensi vanno in direzione opposta: ad esempio il piano di riempimento delle riserve strategiche USA, con un acquisto programmato di 1 milione di barili a prezzi “bassi”, offre temporaneo supporto alla domanda di greggio statunitense. In sintesi, sebbene permangano rischi geopolitici (mediorientali, Russi, Venezuelani ecc.), l’attuale percezione del mercato è che l’offerta in eccesso e le scorte elevate domineranno nel breve termine.
Livelli Operativi
Dal punto di vista operativo, la lettura del COT Report non può attualmente essere considerata affidabile a causa della sospensione della pubblicazione dei dati derivante dallo shutdown governativo negli Stati Uniti.
Osservando l’andamento tecnico, nella seduta del 21 ottobre il prezzo del WTI ha registrato un minimo locale, rifiutando con decisione l’area dei 56 dollari al barile. Questo movimento potrebbe preludere a un breve rimbalzo tecnico in direzione delle resistenze individuate in area 58 e 60 dollari, livelli che rappresentano le zone di maggiore interesse per valutare nuove opportunità di vendita in un’ottica di prosecuzione del trend ribassista di fondo.
In tale scenario, il target di riferimento per la prosecuzione della fase discendente resta collocato in area 55 dollari, in linea con il quadro macroeconomico e fondamentale precedentemente delineato.
Tutti i fattori analizzati convergono verso uno scenario ribassista sul breve-medio termine. L’eccesso di offerta globale, la domanda fiacca e le scorte crescenti spingono verso una pressione al ribasso sui prezzi. Le previsioni recenti concordano su un rallentamento della domanda e un surplus di greggio nei prossimi trimestri. In particolare, la struttura del mercato e la posizione corta degli investitori riflettono un sentore di surplus. Se i timori di recessione globale dovessero concretizzarsi o se l’OPEC+ continuasse a mantenere l’attuale politica di rialzo di produzione, potremmo assistere a ulteriori ribassi, con target di medio termine inferiori alle quotazioni attuali. In ogni caso, per un’inversione del trend serviranno elementi nuovi che al momento non sono evidenti nei dati disponibili.














